lunedì 30 ottobre 2017

Ci sono gli alberi!

da

La gente non ama gli alberi













Caro Beppe,

ho avuto la sfortuna di essere il perito di parte in alcune cause tra vicini di casa. Tutte le volte si trattava di alberi che danno fastidio. La storia è sempre la stessa. Si inizia con piccole minacce: caro vicino, non è giunta l'ora di tagliare il suo albero? Guardi: è storto, fa un'ombra eccessiva e poi d'autunno tutte quelle foglie. Di notte mi sveglio e ho paura che, se viene un temporale, l'albero mi casca in testa e rovina la mia villetta. Si decida: lo tagli una volta per tutte se no le mando una raccomandata dal mio avvocato. Si finisce poi davanti al giudice e, sempre, decide che l'albero è pericoloso e deve essere tagliato, nonostante sia sanissimo.
Non c'è niente da fare, in Italia tutti odiano gli alberi. E' un vecchio discorso. Ho riflettuto e la conclusione è questa: l'odio è derivato dal fatto che l'albero non rende e provoca un sacco di problemi. A tagliarlo, viceversa, rende subito: lo vendono o lo bruciano. E lascia libero il terreno, naturalmente. Ma la verità più profonda, caro Beppe, è un'altra: l'albero fa rabbia perché sta li e non lavora. Mi puoi spiegare perché gli italiani odiano gli alberi?



Marco Ermentini studio@ermentini.it
Caro Marco, diagnosi esatta: l'albero non rende, perciò viene guardato con sospetto (da vicini litigiosi, da costruttori ingordi, da contadini preoccupati dall'ombra sul raccolto). Certo, se usassimo la testa per pensare e non solo per poggiarci il cuoio capelluto, sapremmo quanto fanno gli alberi per l'aria (ossigeno) e per la terra (molte radici, poche frane). Ma lo fanno in silenzio, umilmente e seriamente: il comportamento vegetale è poco italiano.
A me gli alberi sono sempre stati simpatici. Li riconosco, li guardo cambiare, ammiro la loro pazienza. In giardino ho una magnolia spettacolare: c'era prima di me, ci sarà dopo di me, e non si offende se la usiamo come sala da pranzo (meglio dell'aria condizionata). Ho amici che, arrivando, corrono ad abbracciarla. All'inizio li consideravo eccentrici, poi ho capito. Se interessa, ospito anche diverse querce, quattro platani, un albero-pagoda, alcuni aceri, un faggio rosso e un tiglio che sembra Ibrahimovic. Se i tribunali non amano gli alberi, molti la pensano diversamente. Persone normali e grandi artisti hanno trovato, in loro, ispirazione e consolazione. Le citazioni si sprecano, a partire da Omero, che paragonava Nausicaa a «un fusto nuovo di palma» e le sue ancelle a «foglie d'altissimi pioppi» (veline, portate a casa). Pensate al barone rampante di Calvino , al bosco vecchio di Buzzati e al grido che si leva dalla carrozza del Gattopardo avvicinandosi a Donnafugata: «Gli alberi! Ci sono gli alberi!».


Leggete Abbracciare gli alberi. Mille buone ragioni per piantarli e difenderli (Mondadori). Lo ha scritto Giuseppe Barbera, botanico di Palermo.

 Racconta, tra l'altro, che uno degli alberi più antichi al mondo (3 mila anni) è un olivastro di Luras, in Sardegna; e uno dei più vasti - 412 metri di diametro, copre un'area di 1,2 ettari - è un banyan, un fico del Bengala, nel giardino botanico di Calcutta. Sono orgoglioso d'aver fatto la conoscenza di entrambi. Più interessanti di molti dei nuovi europarlamentari, lasciatemelo dire.

Documento ripreso dalla rete: http://www.corriere.it/solferino/severgnini/09-06-18/10.spm




a PRESTO CARA TERRA MIA

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